La storia

La storia

Lo striscione del primo Cagliari Club

La nascita del primo club

Tutto inizialmente nasce nel 1962 nella persona di Franco Demontis il quale, riunì un gruppo di tifosi denominandolo Sardinya, solo nel 1967, i tifosi rossoblù si uniscono in un grande gruppo, creando il primo Cagliari club, ormai in città si respira l’aria di grandi imprese. L’anno prima la banda guidata da Gigi Riva si è piazzata al nono posto in classifica, ma quello che sta iniziando 68 è un torneo che la vedrà al vertice: finirà con un secondo posto, preparazione al trionfo storico del 12 aprile 1970. Intanto va consolidandosi fra i tifosi un centro di gravità situato nel cuore della città. È il bar che Mario Sardara gestisce in viale Trento (fino a poco tempo prima l’attività si trovava in piazza Yenne), centro di ritrovo di tantissimi appassionati di calcio fin da quando lo stesso Marius, dando gli aggiornamenti in diretta grazie al telefono fisso, raccontava uncalcio che non più. Un’opera di divulgazione che il patriarca del tifo cagliaritano farà sua nei decenni, portando il vessillo del tifo in tutta l’Isola e non solo

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Due immagini del bar di Marius

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La storia inizia quando Marius, originario di Mandas, decide di dare vita ad una vera e propria associazione di tifosi sulla spinta delle tante persone, semplici appassionati ma anche giornalisti sportivi e calciatori, che rendono il suo locale una dimensione sospesa fra il salotto sportivo e la tribuna di uno stadio. Vede la luce così, con la benedizione della società rossoblù, il Cagliari Calcio Club, sarà solo il primo big bang di un universo che si espanderà a dismisura.

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Grazie all’inesauribile entusiasmo del fondatore e alla partecipe collaborazione di tanti appassionati cominciano infatti a nascere altri club, sia sul territorio sardo che in giro per tutta l’Italia. È un fenomeno che si intreccia a doppio filo con l’identità del popolo dei quattro mori, con il riscatto di una sardità che da spauracchio (“Ti spedisco in Sardegna” era ancora una delle minacce più temute) scala una salita ripidissima fino a trovarsi, calcisticamente ma non solo, davanti a tutti. I Cagliari Club partecipano attivamente alla rinascita, popolando lo stadio in modo rumoroso ma mai violento, portando sugli spalti dell’Amsicora prima e del Sant’Elia poi una banda di musicisti divenuta leggendaria.

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Giro di campo al Sant’Elia per lo striscione del Cagliari Club Marius

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Foto di gruppo con Marius e diversi giocatori del Cagliari fra cui Riva, Boninsegna,
Brugnera e Nenè

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Marius in curva con la famosa banda musicale

Ricorda bene quell’atmosfera anche Franco Ligas, baritonale voce del giornalismo sportivo italiano, che a quei tempi studiava al Conservatorio e per raggiungere piazza Palazzo passava davanti al bar di Marius: «Era impossibile non notare tutte quelle scritte, quelle bandiere e quegli striscioni. Il calcio mi interessava, da ragazzo ero stato mediano nelle giovanili del Cagliari, e quando venni a sapere che si stava per inaugurare il primo Cagliari Club volli esserci anch’io. Andai in viale Trento, dove nel frattempo si era trasferito Marius, e misi la mia firma»

Le note di quei tamburi e di quelle trombe scandiscono le partite del Cagliari, dando la carica ai giocatori in campo o semplicemente festeggiando i successi, che in quel periodo non mancano. Quando c’è da celebrare un traguardo, l’appuntamento per tutti i Sardi era al bar Centrale di piazza Yenne di proprietà dello stesso Marius, dove l’intera piazza veniva colorata di rossoblù, ivi compresa la statua di Carlo Felice, all’inizio sbeffeggiata (veniva coperto il viso e colorata di rossoblù) coccolata solo in seguito, quando fu creata una vera tunica, che lo stesso Marius in cima alla statua vestiva di rossoblù, una tradizione che perdura ancora oggi: non è un caso se salvezze e promozioni a distanza di cinquant’anni richiamano ancora la folla in piazza Yenne, in quel luogo che ha visto affondare le radici del tifo.

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È sempre Marius, ormai alla guida di un solido gruppo di appassionati, a inventarsi d’invitare i calciatori del Cagliari all’inaugurazione dei Club che fioriscono in ogni angolo dell’Isola. L’idea piace ai giocatori, che cementano un rapporto profondissimo con il territorio nel quale tanti hanno poi trovato casa, e finisce per essere una vera e propria opera di evangelizzazione, con la fede per i colori rossoblù che diventa capillare e abbraccia la Sardegna intera.

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Scene di giubilo in città per i successi del Cagliari

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Ma ci sono tanti figli della nostra terra che hanno dovuto, per i più diversi motivi, allontanarsene: ecco allora che i Cagliari Club, portando la bandiera rossoblù al seguito della ì squadra, coagulano intorno a sé tutti coloro che, da emigrati, possono per una domenica ricongiungersi alla terra madre, sentir risuonare cadenze familiari e assistere alla squadra della loro città (o regione, o anima) che lotta e spesso prevale contro i colossi del Nord. Il Cagliari si fonde con Cagliari, entra nella storia della città travalicando i confini sportivi per abbracciare quelli culturali e sociali; in cinquant’anni si trasforma l’immagine della città, cambiano le mode, muta a suo modo anche il tifo, ma i Cagliari Club sono lì sempre presenti come accade oggi.
Così come in curva la passione non fa sentire pioggia e vento, le mille prove che cinque decadi inevitabilmente portano in dote sono affrontate e attraversate senza mai smettere di sventolare la bandiera, senza che si spenga mai il suono di quella banda. L’eco di quel tamburo risuona ancora, è il battito di un cuore che magicamente ringiovanisce anno dopo anno pur accumulando la storia e le storie di migliaia di volti. In quegli anni l’atmosfera del bar di Marius è quella di un museo vero e proprio: continua la tradizione delle vignette disegnate da Pietro Pautasso all’indomani di ogni partita, le foto e i poster aumentano tanto da riempire tutte le pareti e perfino il soffitto del bar, ora chiamato semplicemente Bar Marius perché il nome del primo tifoso è un brand ante litteram.

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Le vignette di Pietro Pautasso oggi esposte nella sede di via Ariosto

Appare anche la statua di Gigi Riva, un Rombo di Tuono a grandezza naturale: un condottiero invincibile e capace di tante battaglie, che osserva però con benevolenza la sua gente. E di gente ne passa tanta davanti all’effigie del numero 11, ci sono gli studenti del vicino liceo Siotto ma anche politici, gente comune, addetti ai lavori. Talvolta sembra che la statua prenda vita, ma è solo perché lo stesso campione di tanto in tanto va ad aggirarsi fra le memorabilia per scambiare quattro chiacchiere con Marius e gli altri. Lì si organizzano le trasferte, si fanno le collette per colorare gli spalti, si consolidano le regole di un tifo che vuole vedere la propria squadra prevalere, ma senza mai perdere di vista i valori dello sport e del rispetto per l’avversario. Nel corso degli anni si toccano vette di partecipazione, la forza del tifo si fa sentire ovunque, con numeri importanti come i tremila tesserati o lo spettacolo delle navi addobbate di rossoblù per la partenza verso Napoli in occasione del doloroso spareggio per la permanenza in Serie A.

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Marius e la statua di Gigi Riva

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Salvatore Saba

Non mancano, come in tutte le vite lunghe e intense, i momenti di difficoltà: negli anni duemila ad esempio l’unità del tifo attraversa un esame difficile ma lo supera grazie alla forza del Centro Coordinamento Cagliari Club, capace di stringersi intorno ai colori rossoblù per rinascere e ripartire nel segno della miglior tradizione, coniugandola con la linfa portata da tifosi sempre nuovi che vanno a rinnovare la forza del tifo di generazione in generazione. Nel corso degli anni l’ormai leggendario Marius, presidente operativo fino al 2002 e poi onorario fino alla sua scomparsa nel 2009, ha passato il testimone a Salvatore Saba che oggi porta avanti con inossidabile forza l’opera iniziata cinquant’anni fa.